Nel giugno del 1910 Padre Lino fu nominato padre spirituale presso il Riformatorio Lambruschini, alla Certosa, che raggiungeva giornalmente, percorrendo a piedi i tre chilometri che la separavano dalla città. I corrigendi – fra cui si trovavano anche ladri ed assassini – erano i suoi figli prediletti: gli correvano intorno, lo baciavano, lo abbracciavano come si può fare con una mamma amorosa. Su di loro esercitava un tale fascino da non potersi spiegare se non pensando che egli fosse, davvero, l’inviato della Provvidenza, chiamato a portare un po’ di pace e di luce in quel luogo di smarrimento.
Un giorno, alla presenza di una pia benefattrice Padre Lino accarezzava uno dei corrigendi. L’espressione selvatica, quasi di bestia presa al laccio, spariva dagli occhi del giovane sotto la mano del frate. “Questo è proprio un bravo ragazzo” disse seriamente Padre Lino. Il ragazzo chinò il capo rapato a zero, guardando umilmente la donna. La buona signora stava per abbozzare anche lei una carezza quando uno, alle sue spalle, le disse: “Quel ragazzo ha ucciso suo padre”.
Con i giovani del riformatorio era affettuosissimo e li guidava al bene, un po’ con la parola, assai meglio con l’esempio. Di alcuni assunse la tutela alla loro uscita dall’Istituto e provvide ai loro bisogni per anni fino ad una buona, definitiva sistemazione.