Il 1° maggio 1908 Alceste de Ambris a capo della Camera del Lavoro di Parma, fa scattare lo sciopero dei lavoratori dei campi, che ha il suo drammatico epilogo il 20 giugno, quando la truppa «espugna» la sede della Camera del Lavoro in Borgo delle Grazie, dopo che gli scioperanti hanno tentato di impedire lo sbarco dal treno di un consistente gruppo di «liberi lavoratori» per gli agrari, di «crumiri» per gli operai dei campi, provenienti da Casaletto Vaprio di Cremona[1].
Vengono incriminati 100 sindacalisti: 92 sono subito arrestati, otto restano contumaci; poi 32 vengono rapidamente prosciolti ed uno, Enrico Sani, muore durante l’estate; quindi 59 (anche se i giornali parlano di 60) rimangono in carcere fino al riconoscimento dell’innocenza al termine del processo che si svolge a Lucca dal 20 aprile all8 maggio 1909[2].
In tutta questa catena di vicende il nome di padre Lino compare nella cronaca del tempo solo in occasione del processo. Poiché gli atti originali del processo sono andati perduti, oggi di quanto ha detto padre Lino si conosce quanto hanno conosciuto anche gli italiani allora grazie ai mass-media dell’epoca, cioè i giornali. E sui giornali l’apparizione di padre Lino nell’aula del tribunale, benché fosse già un frate famoso, non ha nessuno dei connotati affettuosamente spettacolari che le vengono abitualmente attribuiti (e non è detto che non corrispondano alla realtà, perché hanno il loro valore anche le fonti orali di cui la cronaca giornalistica può non aver tenuto conto) e soprattutto non ha avuto quell’effetto determinante per l’assoluzione degli imputati che la tradizione agiografica le attribuisce, perché ben maggiore peso hanno avuto le deposizioni dell’ex prefetto di Parma Ardoino Doneddu e dei commissari di polizia[3].
E’ il Resto del Carlino a pubblicare per primo una lettera di padre Lino all’anarchico Domenico Zavattero; lettera che viene ripresa dall’edizione lucchese del giornale sindacalista L’Internazionale[4]: «Il padre Lino Manpos (!), cappellano delle carceri di Parma, ha scritto all’anarchico Zavattero, uno degli accusati del processone, una lettera nella quale ha detto: «Sono lieto che si avvicini il giorno in cui, chiamato a deporre nel processo loro, potrò portarvi una parola di difesa ed a conforto loro, e se, come qui a Parma quasi tutti si spera, avranno termine le sofferenze di tanti cari amici che con piacere imparai a conoscere ed apprezzare, sarà con sommo piacere che gli (!) accompagnerò alle loro dilette famiglie».
Due poi sono i giornali che riportano, con leggere varianti, la deposizione di padre Lino che avviene subito dopo quella di Ardoino Doneddu, prefetto di Livorno, ma nel 1908 prefetto di Parma: sono L’Internazionale, edizione lucchese, che presenta padre Lino come… «domenicano», ed il cattolico Avvenire d’Italia di Bologna.
L’Internazionale assicura di riportare la trascrizione stenografica della deposizione che avviene il 7 maggio (l’8 si avrà l’assoluzione in massa di tutti i 60 imputati presenti; per i contumaci ci sarà un’appendice di processo il lunedì successivo):
«Presidente. Cosa può dire dei fatti del 20 giugno?
Teste. De visu nulla: ho saputo però da fonte diretta che il Clerici si era adoperato per impedire i tumulti.
Mi fu detto che lo Zavattero era stato visto sul tetto della Camera del lavoro, e ne risi: anzi quando vidi lo Zavattero mi rallegrai con lui per aver trovato un ottimo apparecchio per volare! (si ride).
Presidente. Cosa può dire degli imputati?
Teste. Per quanto mi dividano da loro le teorie diverse professate…
Presidente. Certo che ella non sarà un sindacalista! (si ride).
Teste. … pure m’ero profondamente affezionato a loro perché li avevo trovati degli onesti e dei buoni uomini.
Presidente. Del Clerici cosa può dire?
Teste. Che lo conosco come un perfetto galantuomo, amante del lavoro e della famiglia: lo credo incapace di commettere violenze.
Cassio Spagnoli [uno degli imputati, barbiere di professione, venuto a Parma da Vigarano Mainarda di Ferrara]. Il padre Lino si interessò di farmi saldare il conto dalla Camera del Lavoro?
Teste. Sì, fu liquidato in 44 lire.
Padre Lino è licenziato»[5].
L’Avvenire d’Italia, sotto il titolo l’«Importante deposizione del Padre Lino Cappellano delle carceri», fornisce questa versione della sua testimonianza:
«Pres. – Che cosa può dire dei fatti del 20 giugno 1908?
Teste. – Si trovò alla Camera del Lavoro quando Clerici rimproverò i ragazzi che tiravano sassi. Non vide mai tirare nessun sasso dalla Camera del Lavoro. Viene quindi a parlare degli imputati, coi quali è stato molto insieme (è cappellano delle carceri), e a cui si era veramente affezionato per il loro rispetto e bontà.
Io, dice il teste, sono convinto che sono tutti innocenti e per quanto fra me e loro ci sia un grande abisso…
Pres. – Non sarà mica sindacalista anche lei? (ilarità…)
Teste. – No; io amo la religione e il Re, ma benchè non sindacalista, posso veramente dichiarare la mia impressione su questi imputati, la quale è che sieno tutti innocenti, e per quanto sindacalisti, sono brave persone. Conobbi anche Zavattero che è un gentiluomo.
Al cappellano delle carceri seguono altri testi»[6].
Il Corriere della Sera più sbrigativamente scrive sotto un paragrafo dal titolo Asserzioni notevoli in cui si riassumono le testimonianze dell’ex prefetto Doneddu, dell’inviato della Tribuna avv. Alighiero Cappelli, del capo di gabinetto della Prefettura nel 1908 dott. Dante Alinanzi e del pubblicista Luigi Campolonghi: «Il padre Lino Maupas, frate francescano, cappellano delle carceri di Parma, afferma di aver saputo da persone che furono presenti, che dalla Camera del lavoro non partirono nè sassate, nè colpi di rivoltella. Quando sentì accusare il Clerici ed altri di fatti delittuosi ne rimase addolorato. Poi si convinse che simili accuse erano ingiuste»; poi la cronaca prosegue: «Dopo l’audizione di alcuni altri testi secondari, si sente l’ex deputato Guerci», e con l’audizione dell’ex on. Cornelio Guerci termina l’udienza antimeridiana; nel pomeriggio parlano il procuratore generale, poi il prof. Arturo Labriola ed infine l’on. Agostino Berenini, tutti in difesa degli imputati[7], tanto che si dà per scontata l’assoluzione che arriva puntuale la mattina seguente[8]. In nessuna cronaca del trionfale ritorno dei prosciolti a Parma e della festa che pervade l’Oltretorrente compare il nome di padre Lino[9]: solo il Corriere della Sera registra, in mezzo ai ritratti «di De Ambri (!), di De Felice, di Garibaldi» esposti in segno di giubilo in Borgo Carra e Borgo Minelli, anche «moltissimi del Redentore»[10]: doveva essere il Cristo-uomo senza aureola della tradizione popolare o Gesù socialista, che Luigi Campolonghi, nel suo romanzo La nuova Israele del 1909, vede sorridere «dolcemente» ai giovani che, pur di non demordere dalla lotta, si dichiarano pronti a mangiare l’erba[11].
Nulla quindi di particolarmente eccezionale viene registrato all’epoca in relazione all’intervento di padre Lino al processo: i toni quasi melodrammatici compaiono, forse per la prima volta, nella rievocazione che ne fa Enrico Bevilacqua nei suoi Fioretti di Frate Lino[12]; una rievocazione che per l’ex sindacalista Virgilio Zanichelli nel 1950 diventa un «commovente episodio ricordato con calda sincerità di eloquio dall’esimio nostro concittadino»[13].
Senza enfasi Giuseppe Balestrazzi rammenta le attenzioni di padre Lino per suo fratello Umberto[14]: «Il ricordo che ho di lui, si ravviva della più profonda gratitudine; egli infatti in un periodo drammatico della mia giovinezza, quando mio fratello Umberto si trovava in carcere, come organizzatore – fra altri -, degli scioperi del 1908 – fu il nostro consolatore. Portava a Umberto libri, giornali, viveri e parole calde di amicizia, ed era l’insostituibile tramite fra mia madre e il figlio rinchiuso in carcere. Se la mia famiglia ha avuto momenti di speranze (!) e di conforto, in quei cupi e angosciosi mesi, lo deve alla sua generosità e alla sua umanissima comprensione»[15].
Un’altra testimonianza, questa orale, raccolta dallo scrivente, è quella del salese Erico Malerba, figlio di Riccardo, uno degli incarcerati fino al processo di Lucca: il sig. Erico, con il rammarico di non averle conservate, ricordava le lettere che il frate scriveva a suo padre anarchico anche dopo che era tornato in libertà, ed ancor prima la sua vicinanza alla famiglia quando era morto un figlio di tre anni mentre il capofamiglia era detenuto nel carcere di Lucca e fu portato, in catene, a visitare il figlio ormai morente[16].
Pietro Bonardi
[1] Vicende e bibliografia: Pietro Bonardi, I cattolici parmensi e lo sciopero agricolo del 1908, in Bollettino dellArchivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, anno XVI (1981), fasc. 1, pp. 3-36; Lo sciopero agrario del 1908 – Un problema storico, Atti del Convegno tenuto a Parma l1 e 2 dicembre 1978, a cura di Valerio Cervetti, Grafiche STEP Editrice, 1984, pp. 385; Pietro Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero agricolo del 1908, Tipolitografia Benedettina Editrice, Parma, 1989, pp. 124.
[2] Ampio e documentatissimo studio è quello di Umberto Sereni, Il processo ai sindacalisti parmensi (Lucca, aprile-maggio 1909), Istituto Storico Lucchese, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1978, pp. 129. Inoltre: P. Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero, cit., pp. 79-86; Paolo Tomasi, Strascico dello sciopero agricolo – Il processo di Lucca, in GP. 13 luglio 1981, p. 3; Id., Pagina luminosa per la Giustizia – Novantanni fa a Lucca la sentenza che mandò assolti i sindacalisti coinvolti nei disordini per lo sciopero agrario del 1908, in GP, 26 luglio 1999, p. 5.
[3] Bibliografia su questo avvenimento in: P. Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero, cit., pp. 81-82 note 213 e 216.
[4] LInternazionale (edizione di Lucca), 27 aprile 1909, p. 2: Tra il Cappellano e lanarchico; cit. in: P. Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero, cit., p. 82; Id., Padre Lino, vivente Padre Lino, in VN, 19 maggio 1994, p. 2.
[5] LInternazionale (edizione di Lucca), 8 maggio 1909, p. 2; P. Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero, cit., p. 82; Id., Padre Lino, vivente Padre Lino, in VN, 19 maggio 1994, p. 2.
[6] Avvenire dItalia, 8 maggio 1909, p. 3: Tra Codici e Pandette – Il processo ai sindacalisti di Parma alle Assise di Lucca – Il P.M. domanda la libertà per gli imputati; Pietro Bonardi, Padre Lino dal vivo, in: Basilica Cattedrale – Associazione Amici di Padre Lino – Fondazione Arturo Toscanini In collaborazione con il Teatro Regio di Parma, Omaggio a Padre Lino – Concerto, Tipo Lito Dierre, Felegara – PR, maggio 1996, pp. 10-11.
[7] Corriere della Sera, 8 maggio 1909, p. 4: Corriere giudiziario – Il processo per i fatti di Parma alle Assise di Lucca (Per telefono al Corriere della Sera) [Il prefetto Doneddu – Asserzioni notevoli – Il P.G. chiede verdetto negativo].
[8] Ibid., 9 maggio 1909, p. 5: Corriere giudiziario – I sindacalisti di Parma assolti – Dimostrazione agli imputati (Per telefono al Corriere della Sera) [Tutti assolti – Trattenuti in arresto per equivoco – Uninterpellanza].
[9] Nemmeno nellentusiastico resoconto che l11 maggio ne fa il trisettimanale diocesano Giornale del Popolo (P. Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero agricolo del 1908, cit., pp. 110-112).
[10] Corriere della Sera, 10 maggio 1919, p. 5: La partenza dei prosciolti [è un paragrafo collocato dopo la cronaca su Larrivo degli assolti di Lucca – Le dimostrazioni della folla (Per telefono al Corriere della Sera), e prima del testo contenente La protesta dellAssociazione agraria di Parma per il processo di Lucca].
[11] P. Bonardi, Cattolici parmensi e sciopero agricolo del 1908, cit., p. 98 nota 251; Id., La Chiesa di Parma nella travagliata gioia di un Anno Santo, in: Amici del Cinquenovembre, Parma negli anni società civile e religiosa – Quaderno n. 5/2000: 1900: orizzonti di sangue e di speranze, Stampa Publiprint Grafica, Traversetolo – PR, 2001, pp. 50-51.
[12] Enrico Bevilacqua, Fioretti di Frate Lino da Parma, S.E.I., Torino, 1926, poi 1944, e ristampa a Bologna nel 1971 (qui a pp. 95-97); per le varie edizioni dei Fioretti: Felice Da Mareto, Bibliografia generale della antiche Province parmensi, vol. I: Autori, Deputazione di Storia patria, La Nazionale, Parma, 1973, pp. 75-76.
[13] GP, 24 aprile 1950, p. 3: Virgilio Zanichelli, Padre Lino a Lucca – Consolatore degli umili.
[14] Scheda biobibliografica in: Roberto Lasagni, Dizionario biografico dei parmigiani, PPS Editrice, Parma, 1999, vol. I, pp. 240-241.
[15] GP, 6 agosto 1979, p. 3: Giuseppe Balestrazzi, Il fraticello votato al bene e alla carità – Padre Lino da Parma fra cronaca e leggenda.
[16] Per la vicenda di Riccardo Malerba: Pietro Bonardi, Vicende dello sciopero agricolo del 1908 a Sala Baganza, Quaderni del Centro Studi della Val Baganza n. 1, La Nazionale, Parma, 1979, pp. 52-55.