Nel chiostro della SS. Annunziata viene offerta ai pellegrini la possibilità di percorrere il “Cammino della Carità” sulle orme di Padre Lino: un percorso di 25 formelle in ceramica modellate da Padre Romano Volpari o.f.m. che permette di ripercorrere gli episodi più significativi della vita dell’Apostolo della Carità a Parma.
Le 25 formelle
1. Nobiltà delle origini
Padre Lino nacque a Spalato il 30 agosto 1866. Il padre, Giovanni Maupas, discendeva da un’illustre famiglia francese dalla quale erano usciti uomini di Stato e di Chiesa. La madre, Rosa Marini di Avezzano, era attrice e ballerina, giovane e bella. Per amore, rinunciò alla carriera artistica per dedicarsi interamente alla famiglia. Fu battezzato il 21 marzo 1867 nella parrocchia del Borgo Grande di Spalato e gli fu posto il nome di Alpinolo.
2. La chiamata del Signore
All’età di 16 anni decise di consacrarsi al Signore. Vestì l’abito francescano e prese il nome di Lino. Dopo alterne vicende fu accolto come frate nella Provincia Minoritica di Emilia-Romagna. I superiori lo destinarono a Rimini, presso il santuario della Madonna delle Grazie, dove 1’8 dicembre 1890 celebrò la prima Messa. Nel gennaio 1892 fu trasferito a Cortemaggiore, nel convento di San Francesco dove rimase 18 mesi.
3. Giunge a Parma
Nel giugno del 1893 fu trasferito a Parma nel convento della SS. Annunziata. Aveva allora 27 anni. I confratelli lo accolsero con grande gioia. Gli fu assegnata la camera n. 38, vicina a quella del parroco. I primi due anni di permanenza all’Annunziata furono per Padre Lino un periodo di preparazione e di attesa. Egli era un osservatore finissimo e aveva un animo molto sensibile. Non tardò molto a rendersi conto della miseria morale e materiale che regnava attorno al suo convento. Non si tuffò subito in mezzo ai poveri; capì che il lavoro era difficile e delicato; per questo ritenne necessario prepararsi nella preghiera.
4. I suoi primi amici
Anche Padre Lino, come Gesù, ebbe i suoi prediletti: i bambini. In un primo tempo, essi accettavano le sue carezze con la diffidenza di animali selvatici; in breve gli si affezionarono e cominciarono ad amarlo con amore filiale. Quando lo vedevano comparire per le strade, sospendevano il gioco e gli correvano incontro; non lo lasciavano finché non avesse dato loro un regalino e la benedizione. I bambini costituivano per Padre Lino la parte più impegnativa e delicata del suo apostolato. Grazie ad essi, egli riusciva ad avvicinare le famiglie.
5. La gente si accorge di lui
I bisognosi incominciarono ad affluire numerosi alla porta del convento. Erano mamme disperate con bambini affamati, giovani disoccupati, ragazze madri, ex carcerati … La richiesta era sempre la stessa: “C’è Padre Lino? Quando ritorna Padre Lino? Ho urgente bisogno di lui!”. Il portinaio si sforzava di segnalare la presenza in convento di altri frati facendo anche i loro nomi, ma la gente voleva solo Padre Lino. Il frate accorreva alla porta e aveva per tutti un sorriso, una buona parola e un pezzo di pane. In breve tempo, Padre Lino divenne l’amico, il benefattore, il padre di tutti.
6. Le prime difficoltà
La quiete del convento ormai era compromessa. La campana della porta suonava a qualunque ora del giorno e della notte. Sulla bocca di tutti vi era un solo nome: Padre Lino. Incominciarono le lamentele. Padre Lino era pienamente consapevole del disagio che recava e ne soffriva, ma non poteva fare diversamente. Egli faceva la carità in un modo al quale la sua comunità non era abituata. In realtà chi disturbava la quiete del convento non era Padre Lino, ma i poveri sempre più numerosi, esigenti e senza orari. Quando la sofferenza diventava pesante, il frate si recava in chiesa, accanto all’altare e si sfogava con Gesù.
7. Nella preghiera la sua forza
Senza la preghiera l’apostolato di Padre Lino non sarebbe durato a lungo. La Messa era il centro della sua giornata. Amava celebrarla adagio, facendo lunghe pause di silenzio. Ad un sagrestano che lo invitava ad affrettarsi nella celebrazione disse: “Non posso, per nessun motivo maltrattare il corpo di Cristo!”. Un confratello, che visse a lungo con lui, attesta: “Padre Lino pregava in luoghi solitari, di giorno e di notte. Amava appartarsi negli angoli più remoti delle chiese. La sua preghiera era eroica perché accompagnata da spossante stanchezza e da tortura morale dovuta al contatto coi poveri; quei poveri che avrebbe voluto sfamare, ma spesso non poteva”.
8. Alla porta del convento
I poveri, spinti soprattutto dalla fame, accorrevano numerosi alla porta del convento. Padre Lino li aiutava tutti, indistintamente, senza fare eccezioni. Il poeta Renzo Pezzani, scriverà: “Compariva sempre nel mezzogiorno pieno di pasta, di carne, di grasso come na pentola e diceva “ce n’è anche per te” “. Padre Lino non pensava male di nessuno; credeva sempre e solo nella bontà. Sono sue le parole: “Se venissero cento persone alla porta del convento, e voi dubitaste che una sola avesse realmente bisogno, aiutatele tutte perché non avvenga che l’unica persona bisognosa rimanga senza aiuto”.
9. Frate ladro
Per sfamare i suoi poveri, di solito, Padre Lino ricorreva ai benefattori; spesso era costretto a ricorrere a furtarelli. Il primo a farne le spese era il suo convento. Entrava in cucina di nascosto e prelevava pane, frutta, minestra. Il cuoco, preso in contropiede, ogni tanto a mezzogiorno trovava la pentola della minestra vuota e, preoccupato, si grattava la testa. Il padre Guardiano era al corrente di tutto e tollerava; capiva che Padre Lino non poteva fare diversamente: una forza interiore lo spingeva ad agire così; tuttavia qualche volta era costretto a richiamarlo. Egli non si difendeva; accettava umilmente i rimproveri e scusandosi diceva: “I poveri sono di Gesù e la roba di Gesù è dei poveri”.
10. Nel confessionale
Padre Lino negli intervalli tra la preghiera e l’apostolato, scendeva in chiesa ed entrava nel confessionale per avvicinare le persone più provate. In pochi mesi riuscì a circondarsi di validi collaboratori per il catechismo, il servizio all’altare, soprattutto per avvicinare i più restii e i più lontani. Per i casi più delicati si serviva di ottime terziarie francescane e di religiosi. È risaputo come si sia servito della collaborazione di Salesiani e Fratelli delle Scuole Cristiane per il catechismo e della beata Eugenia Picco per salvare bambini abbandonati.
11. Tra i carcerati
Nel 1900 fu nominato cappellano del carcere di San Francesco. Si realizzava per lui il sogno che da tempo accarezzava: avvicinare persone già conosciute e riprendere con loro un dialogo interrotto bruscamente. Quando in cortile arrivava un detenuto, il frate voleva essere presente per stringergli la mano e dargli la sensazione di non essere abbandonato: “Coraggio, figliolo! In carcere non sei solo. Ci sono anch’io. Facciamoci coraggio a vicenda. Se avrai bisogno, sappi che io sono al tuo servizio”. Un ex carcerato ricorda: “Padre Lino, con la sua bontà era riuscito a smorzare ogni odio verso la società e le autorità, spingendo noi carcerati al rispetto e alla disciplina”. In pochi anni, il carcere di Parma, riguardo alla condotta dei carcerati, divenne il più esemplare d’Italia.
12. Tra i corrigendi
Nel 1910 gli fu affidato anche l’incarico di cappellano del riformatorio minorile. Ogni giorno percorreva tre chilometri a piedi per andare a trovare i “suoi ragazzi”. Padre Lino sapeva che per entrare nel cuore dei ragazzi occorreva farsi piccolo come loro. Per questo, durante la ricreazione, stava in mezzo a loro e giocava con loro. Ogni tanto si staccava dal gruppo per avvicinare un ragazzo che piangeva: l’ascoltava, gli parlava e così la serenità ritornava. Il direttore del riformatorio, Simone Laugero, ricorda: “In breve tempo quei ragazzi divennero i suoi più cari amici. Egli conosceva bene i retroscena della loro vita: storie di precoce delinquenza, drammi familiari, abbandoni, miserie morali; per questo sapeva capirli e amarli”.
13. In mezzo alla bufera
Le pagine più belle della vita di Padre Lino sono legate a tragedie di piccole creature indifese e innocenti. Nessuno potrà mai dire, con esattezza, quanti bambini egli abbia raccolto per strada, nei tuguri e tra i borghi di Parma. Erano bambini appena nati, avvolti in luridi cenci e affamati. Spesso avevano la bocca sporca di latte: l’ultimo latte che avevano ricevuto dalla mamma prima di essere abbandonati. Di solito, li raccoglieva e li poneva al sicuro nella manica. Quando nevicava, faceva freddo o infuriava la bufera, li proteggeva sotto il mantello.
14. Tra i rivoltosi
Padre Lino visse in un momento storico particolarmente tormentato. Nei borghi dell’Oltretorrente si udivano le voci malinconiche della canzone: “Nelle officine ci manca l’aria, nelle soffitte ci manca il pane”. Queste note rispecchiavano la condizione degli operai e dei poveri di allora: orari di lavoro massacranti, salari modestissimi, nessuna assistenza. L’odio che il proletariato covava in cuore contro i padroni, esplose a più riprese con violenza portando terrore e distruzione. Durante le sommosse i frati, spaventati, si rinchiudevano in convento. Padre Lino, invece, poteva circolare liberamente, e da mattina a sera avvicinava i dimostranti invitandoli alla pace.
15. Il processo di Lucca
Durante i tumulti furono arrestati 65 rivoltosi e, in attesa di giudizio, furono trasportati nel carcere di San Francesco. In questo periodo, Padre Lino li incoraggiava a non disperare: per le famiglie avrebbe provveduto lui andando ad elemosinare di porta in porta. Il processo si svolse dopo sei mesi a Lucca. Tutto lasciava prevedere una severa condanna. Nell’aula si levò un grido: “E’ arrivato Padre Lino!”. Il frate entrò nell’aula a braccia aperte come per abbracciare tutti. Ai giudici che lo interrogarono rispose: “Sono tutti bravi figlioli! Li conosco molto bene”. Com’era da prevedersi, il verdetto fu di assoluzione. Ritornati a Parma, i rivoltosi furono accolti alla stazione da migliaia di persone con fanfara e bandiere.
16. Tra i poveri più poveri
Parma Vecchia ai tempi di Padre Lino era assai povera, con vie strette e mal selciate, con case buie e anguste. In queste case i bambini nascevano nella più completa miseria: non c’era latte, non c’erano vestiti e spesso le mamme erano malate e denutrite. Al corredo ci pensava Padre Lino. Entrava di nascosto nel guardaroba del convento e faceva scomparire lenzuola, coperte, asciugamani. … Una notte fece visita anche in sagrestia e prelevò tovaglie da altare, amitti e manutergi. Il mattino presto, ritornando in convento, incrociò alcune donne di ritorno da Messa che gli dissero: “Tira brutta aria in convento. Il sagrestano si è accorto del furto”. Padre Lino cambiò strada e si rifugiò tra i suoi carcerati; non si fece vedere in convento per alcuni giorni, in attesa che le acque si calmassero.
17. Porta un neonato al sindaco
“Un giorno incontrai Padre Lino in borgo della SS. Trinità. Aveva un fagotto che custodiva gelosamente sotto il mantello. Gli chiesi: “Che cos’ha nascosto?”. Mi rispose: “Lasciami andare che ho fretta!”. Mentre si allontanava udii il vagito di un bimbo. Incuriosito, lo rincorsi e gli chiesi: “Dove va con quel bambino?”. “Vado in cerca di latte! La sua mamma è ammalata e il bimbo ha fame!”. Ho saputo poi che era stato in municipio e, deposto il bambino sul tavolo del sindaco, gli aveva detto: “Signor sindaco, io non posso allattarlo. Ci pensi lei!”.
18. Ricorre ad una casa equivoca
Un giorno una mamma, nubile e ammalata, affidò a Padre Lino il suo bimbo appena nato. Il frate, dopo aver bussato invano ad alcune porte, fece ricorso ad una casa equivoca per avere aiuto. La padrona fu sorpresa al vederlo. Il frate le mostrò il bambino: “È un bambino povero; più povero di Gesù bambino. Sua mamma, ammalata, non ha da coprirlo e da sfamarlo”. La donna, commossa, chiamò le sue “amiche” che, in pochi minuti, prepararono un bel fagotto con pannolini, lenzuola, asciugamani, federe e in più uova, caffè, biscotti e brodo caldo per la puerpera.
19. Ballerino improvvisato
Uno degli episodi più commoventi della vita di Padre Lino è legato alla memoria del musicista Ildebrando Pizzetti (1880-1968). Un giorno ritornava insieme a lui dal riformatorio. Era preoccupato per una famiglia in procinto di essere sfrattata. In tasca aveva solo dieci Lire. Giunto in città, in via Cavour, vide un uomo che girava stancamente la manovella di un organino. Appollaiata ai suoi piedi vi era una bambina affamata e la mamma tendeva invano il piattello ai passanti. Il frate ebbe un’idea. Diede le dieci Lire al proprietario dell’organino perché andasse alla trattoria vicina con la moglie e la figlia. Poi disse all’amico Ildebrando: “Tu che studi musica, gira la manovella”. Padre Lino stese per terra il suo mantello e incominciò a ballare. Sembrava che avesse il fuoco nelle gambe. Ballò in modo frenetico per mezz’ora. La gente che passava, commossa, deponeva il proprio obolo sul povero mantello che in poco tempo fu coperto di monete. Alla fine, Padre Lino raccolse il denaro; parte lo diede al padrone dell’organino e parte lo portò alla famiglia sfrattata.
20. Sinfonia francescana
In carcere, un detenuto, era irrequieto; voleva fuggire ad ogni costo e ritornare a casa, dove sua moglie aveva appena partorito. Padre Lino lo invitò alla calma: “Non fare sciocchezze. Se fuggirai ti aumenteranno la pena, Sta calmo, farò io qualcosa per te”. Il buon frate si congedò e raggiunse la moglie del detenuto che gli consegnò il bambino. A notte inoltrata ritornò nel carcere. Eludendo la sorveglianza delle guardie, in punta di piedi bussò alla porta del detenuto. Entrò nella cella, estrasse dalla manica il neonato e lo depose tra le mani del papà. La solennità del momento si può immaginare. Il papà era quasi in estasi dalla gioia; ammirava il suo bambino, lo accarezzava e gli parlava: “Fa il bravo. Ascolta la mamma. Rispetta tutti. Vedi dove sono io? Non fare la mia fine”. Padre Lino in un angolo, ascoltava in silenzio, commosso. Dopo un’ora di incanto, riprese il bambino, lo infilò nella manica, lo coprì col martello e si allontanò nel buio, in punta di piedi, così com’era venuto.
21. Assiste il “rabbino”
Tra i detenuti vi era anche un ebreo, che tutti chiamavano “il rabbino”. Era anziano e ammalato. Padre Lino lo avvicinò e divenne suo amico e confidente. Per rendergli meno pesante la malattia si prodigava in suo favore come il più provvido infermiere: lo aiutava ad alzarsi, lo accompagnava alla finestra perché l’aria della notte gli procurasse sollievo. Un giorno il “rabbino” si aggravò. Tormentato dalla febbre e dalla sete, manifestò il desiderio di avere un gelato. Padre Lino raggiunse il bar più vicino e glielo comprò. Il vecchio lo assaporò lentamente con l’avidità di un bambino. Alla fine fissò Padre Lino e accennò a voler dire qualcosa. Un detenuto che era presente, sentì bisbigliare questa frase: “So che posso fidarmi di Lei”. Le altre parole furono raccolte dal frate e resteranno per sempre un segreto. Poco dopo giunse in carcere il ministro israelita. Il frate si ritirò in un angolo della cella in preghiera. Il “rabbino” morì e il suo sguardo si spense negli occhi del suo amico più caro: Padre Lino.
22. Verso la fine
Un’attività così intensa portò Padre Lino ad una vecchiaia precoce. Ciò che logorò maggiormente il suo corpo fu la fatica: i piedi sempre in moto, le spalle sempre cariche e, soprattutto, le continue preoccupazioni. Da tempo soffriva di una grave affezione cardiaca, ma non volle mai curarsi per non essere costretto a sospendere l’assistenza ai suoi poveri. A chi lo invitava a risparmiare le forze, diceva: “Non posso permettermi il lusso di fermarmi perché finora ho fatto troppo poco”.
23. In casa Barilla
Il 14 maggio 1924 Padre Lino si alzò prima del solito. Celebrò la Messa in carcere e raggiunse il convento dell’Annunziata. Desiderava salutare i suoi confratelli. Li incontrò nel corridoio del convento, dialogò con loro e si congedò “Ho finito di disturbarvi. Questa è l’ultima volta”. I frati, credendo che scherzasse, risposero: “L’ultima volta, fino alla prossima!”. Padre Lino non aveva scherzato, aveva detto la verità. Raggiunse l’ospedale, dove si trattenne a lungo con alcuni ammalati. Nel pomeriggio attraversò la città percorrendo la via Emilia. Erano circa le 18,00 quando arrivò al pastificio Barilla, dove fu accolto dalla signora Virginia: “Oh, il nostro Padre Lino! In che cosa possiamo esserle utile?”. Padre Lino disse con fatica: “C’è un padre con cinque figli, senza lavoro…”. Pronunciò il nome e vacillò. Fu sollevato, adagiato su una sedia e accostato alla finestra perché potesse respirare meglio.
24. Sorella morte
Sorella morte non tardò a raggiungerlo. Improvvisamente il suo volto si coprì di sudore e il respiro si fece più difficile. Era la fine. Il sole ormai volgeva al tramonto; il cielo primaverile risplendeva di un azzurro vivo e l’aria era vagamente profumata di rose. Egli socchiuse gli occhi, nell’attesa. Mosse le labbra, come per parlare: era la sua ultima preghiera. Poi reclinò il capo e dolcemente spirò. Padre Lino aveva compiuto il suo ultimo viaggio, al termine del quale l’aveva atteso un’opera buona: degno sigillo di una vita intessuta d’amore verso Dio e i fratelli.
25. Il funerale
La notizia della morte di Padre Lino si diffuse rapidamente, gettando nel lutto l’intera città. I primi ad accorrere furono i suoi frati che composero la salma ricoprendola di fiori; dopo di loro, tanta, tanta gente. I funerali furono un vero trionfo. Il corteo funebre partì dalla chiesa dell’Annunziata e si snodò lentamente lungo le vie della città che portano al cimitero della “Villetta”. Il carro era trainato da quattro cavalli, messi a disposizione da Riccardo Barilla. Passava in mezzo a due ali di folla ammutolita e piangente che gettava fiori e lo invocava.
Fratello, il breve “Cammino della Carità” che hai percorso è il simbolo di un itinerario di vita che ogni cristiano dovrebbe percorrere. Sappi che proprio qui, all’Annunziata, Padre Lino ha iniziato il suo cammino e avvicinando i poveri ha scoperto la bellezza della Carità. Ora, Padre Lino è per tutti, anche per te, un “faro di luce” che attira e riflette la luce di Cristo. L’avere percorso in sua compagnia questo “Cammino della Carità” può essere per te l’inizio di una esperienza spirituale e di una rinnovata testimonianza del Vangelo. Ritornando a casa, sii testimone della Carità tra i fratelli. Padre Lino ti benedica, ti protegga e ti guidi sulla via del bene.